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La Guerra dei Cinque signori

Le prime scosse

Nell'anno 1192 il re di Lunamari, Roman IV, venne ucciso da un sicario mentre era in visita alle piantagioni di cotone nella provincia di Aladrama?, nel Sud del regno.

Le notizie relative alla sua morte furono manipolate da ambienti della corte vicini all'Accademia, fino a far credere alla maggior parte dei nobili e della popolazione che il re fosse rimasto ucciso in una rivolta degli schiavi.

Il principe ereditario, Roman V, decise quindi di mandare l'esercito in Aladrama, per reprimere l'ipotetica rivolta.

L'esercito, guidato dal generale Von Clausius?, non trovando alcun ribelle da schiacciare, rivolse la propria violenza contro la popolazione civile, che in seguito all'oppressione insorse, guidata dai nobili stessi con a capo il feroce barone Gantar?.

L'escalation

Dopo poche settimane, il conflitto divenne violentissimo, provocando migliaia di morti su entrambi i fronti: i soldati dell'esercito reale cominciavano a disertare ed a rientrare clandestinamente alle proprie case.

Il principe, non ancora eletto re, si recò personalmente al sud con l'intenzione di mediare una tregua, ma venne ucciso dai fedelissimi di Von Clausius, che non aveva intenzione di perdere una guerra, ed affrontare l'inevitabile punizione per averla innescata.

Era il 14 febbraio del 1193.

La Guerra

Con la morte del principe, mai incoronato re, si venne a creare un vuoto di potere immenso, e si formarono rapidamente 5 fronti, guidati da leader ognuno dei quali aveva ambizioni sulla corona o di secessione:

Le divisioni non erano nette: ci sono cronache di Maghi fedeli ad Halav o Vjura, come di ufficiali che, disubbidendo ai loro diretti superiori, passarono ad un altro schieramento.

Solo le province del Sud e le marche dell'Ovest erano geograficamente compatte.

Le prime alleanze

Dopo i primi anni di caos e di guerra tutti contro tutti, Halav riuscì a pacificare, per lo più con la diplomazia, le province del Sud, che rinunciarono alla pretese di indipendenza e si allearono con il futuro re.

Analogamente Samakseli, facendo sposare il figlio con la contessa Romanov e promettendo larga autonomia alle Marche dell'Ovest, fece sì che le esigue forze rimaste all'esercito delle Marche si schierassere sotto la bandiera dell' Accademia, le cui fila erano drammaticamente rade.

Nell'anno 1198 le parti belligeranti erano rimaste quindi tre, con l'Accademia che sembrava prossima a soccombere.

L'evoluzione del conflitto

Nei due anni successivi, contro ogni aspettativa, Samakseli espanse la propria sfera di controllo, facendo passare dalla propria parte diversi signorotti locali fino ad allora non schierati e ottenendo brillanti vittorie sul campo contro i suoi avversari.

Nel tentativo di sconfiggere Vjura una volta per tutte, Halav cercò la battaglia nell'aprile del 1200, nella Conca d'oro?, andando però incontro ad una sconfitta.

Halav, apparentemente indebolito, cessò per alcuni mesi di affrontare in campo aperto a suoi avversari, intessendo nel frattempo un'alleanza con gli orchi, da qualche mese vittime degli sconfinamenti delle truppe in ritirata di Vjura.

Infatti nel frattempo Vjura stava soccombendo agli attacchi di Samakseli, provenienti dal sud, ed era praticamente costretto sulle montagne a nord del regno dalle continue manovre di rintuzzamento dei famigerati guerrieri-maghi dell'Accademia.

Fu nell'estate del 1203 che, dopo diversi scontri tra le avanguardie, con ormai Vjura ridotto a spettatore del conflitto, i due eserciti di Samakseli e di Halav si scontrarono nella decisiva battaglia della Porta dei monti?, dove, grazie all'assalto sul fianco del nemico portato dagli incursori orcheschi di Vrushnak?, Halav ottenne una devastante vittoria, decapitando letteralmente l'arcimago Barone Troemos Samakseli.

La fine del conflitto era ormai chiara, il figlio di Samakseli e la moglie fuggirono in esilio, per venire catturati pochi anni dopo e giustiziati per ordine dell'ormai re; Vjura si consegnò invocando la clemenza di Halav: venne graziato e da allora si è ritirato dai giochi di potere ed apparentemente conduce una isolata vita da agricoltore nella sua tenuta.